Gli psicologi la
chiamano ”elaborazione del lutto” e spiega semplicemente cosa succede e cosa si prova quando si perde qualcuno o si è stati abbandonati da una persona.
Questa esperienza, soprattutto
se vissuta per la prima volta, può essere anche molto dolorosa, densa di
significati e rischiare di lasciare dei segni per tutta la vita. Perdere una
persona non è solo un’esperienza legata alla morte fisica, ma può riguardare
situazioni diversissime:
un figlio che viene abbandonato dai genitori e che viene adottato, un fidanzato che viene mollato, una moglie o un marito che si separano, una persona che deve allontanarsi dalla famiglia per motivi di lavoro…
Indubbiamente la morte di una
persona, soprattutto molto vicina e molto amata, è quella che richiede un
adattamento maggiore ed anche più lungo.
Le emozioni provate sono
diverse, alcune possono anche essere comuni, ma risultano anche molto personali
e legate al nostro vissuto personale.
La relazione con la persona che
non c’è più continua, anche se il reale contatto fisico non è più possibile. Si
può scoprire con il tempo che l’ amore o l’attaccamento verso questa persona
continua o cresce ancora o comunque cambia in qualche modo, anche se ci si crea
una vita che non comprende la sua presenza fisica. Alcune persone in lutto
rivelano di sentire realmente la presenza della persona amata o si sorprendono
a parlarci.
La relazione può continuare a
un livello più interno: la persona continua ad essere una guida, si ha bisogno
di sapere cosa questa persona avrebbe fatto in una particolare situazione,
oppure si praticano alcune attività a causa della sua influenza.
Anche se le persone imparano
ad andare avanti e a vivere nuovamente una vita piena dopo la morte
di una persona amata, vi possono essere periodi in cui la sensazione della
perdita si acuisce: l’anniversario della morte, feste, compleanni, ricordi
emotivi che riaffiorano in certe situazioni simili. Questo non significa che
non si è superato il lutto: sono processi del tutto normali che fanno parte
della vita.
Dolore, rabbia, disperazione, malinconia,
depressione, accettazione, adattamento sono alcune delle emozioni provate e la
loro intensità dipende da molti fattori:
1. da
quanto questa persona fosse fondamentale nella nostra vita, quindi il tipo di
relazione e la sua intensità. La morte di un figlio, di un genitore o del
proprio partner assumono significati diversi e il dolore provato è diverso,
anche nella sua intensità;
2. dalla
nostra età, ovvero la fase di vita in cui ci troviamo quando subiamo la
perdita. La morte di un genitore in età matura dovrebbe essere meno dolorosa, rispetto
a quella che avviene in età infantile.
Un bambino piccolo ha più bisogno emotivamente dei genitori perché deve ancora crescere e quindi non è autonomo.
Un bambino piccolo ha più bisogno emotivamente dei genitori perché deve ancora crescere e quindi non è autonomo.
Anche un adulto soffre molto e in maniera eccessiva per la perdita di un genitore anziano: in questo caso si riscontra che questo adulto non è ancora riuscito a slegarsi emotivamente dal genitore, per cui il distacco diviene più doloroso e spesso senza soluzione. In particolare, questo vale per chi non si è costruito una famiglia o per chi, pur avendola, non ha saputo trovare in quest’ultima un giusto appoggio e quindi la sua vita.
3. da
come è avvenuta la morte. Una morte improvvisa, soprattutto in giovane età,
rende l’accettazione e il superamento di essa più difficile.
Al contrario, una
morte lenta e preannunciata, lascia più tempo per l’elaborazione e spesso, se
la malattia è invalidante e dolorosa, fa desiderare alle persone vicine che
avvenga il prima possibile per eliminare la sofferenza di chi sta male.
4. dalla
nostra capacità personale di affrontare il dolore, la frustrazione. Non tutti
reagiamo e ci difendiamo allo stesso modo.
Ognuno di noi, non solo ha risorse
diverse, ma anche in diverse quantità. E’ evidente che, più una persona è
matura emotivamente, più riuscirà a trovare un nuovo equilibrio per continuare
la sua vita.
C’è che si affida alle religioni, chi segue dei rituali come
andare al cimitero e cambiare i fiori nella tomba tutti i giorni, chi
ricordando come è vissuto chi è mancato, piuttosto che ricordare come è morto
o, addirittura continuare a fare le cose
che faceva in vita.
Tutto questo rientra comunque nella normalità del processo di elaborazione del lutto e non ci si deve assolutamente preoccupare. Il dolore, anche per la morte, paradossalmente fa parte della vita e questi momenti di tristezza, di disorientamento servono poi a ritrovare un nuovo equilibrio.
La cosa diventa grave e più difficilmente risolvibile,
quando queste emozioni incominciano a prolungarsi nel tempo e quando la
persona, pur passando gli anni, non riesce ad accettare la perdita, ha la
sensazione di non poter vivere senza questa persona perduta. In poche parole è
come se rimanessimo bloccati
per lungo tempo, senza riuscire ad accettare quello che è accaduto e senza una
nostra vita personale.
Vivere
un lutto, implica la necessità di dover affrontare e sentire tutta una serie di
sensazioni negative, che riguardano il dolore, la tristezza e la disperazione
per l’accaduto. Questo dolore è talmente forte che alcune persone per evitare
di star male, o per esser forti davanti agli altri, tendono a chiudere in un
cassetto le emozioni più difficili e dolorose, facendo finta che ciò non sia
accaduto, ma facendo ciò, rischiano di ottenere l’effetto contrario.
A ME PIACE PENSARE A COME E' VISSUTO E NON A COME E'MORTO
A ME PIACE PENSARE A COME E' VISSUTO E NON A COME E'MORTO