mercoledì 10 agosto 2011

Altro che bella stagione: esiste la depressione estiva


Le donne sono le più colpite dalla summer Sad (foto Sxc).

Sbalzi d'umore, insonnia e attacchi di panico: la summer Sad è causata dalle lunghe giornate di luce e colpisce soprattutto le donne


Per molti è la bella stagione per antonomasia. Ma per alcuni l'estate è il periodo più buio: l'umore va giù, sparisce l'appetito, l'insonnia rovina le notti. Si parla, in questi casi, di summer Sad (Seasonal affective disorder), depressione estiva. La causa? Probabilmente l'esposizione alla luce.

«Nell'area dei disturbi psichici assistiamo in estate a un incremento di alcune patologie», spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze dell'ospedale Fatebenefratelli di Milano. «Le più significative riguardano i disturbi panici, quelli compulsivi e ossessivi. Le conseguenze? Possono aumentare il consumo d'alcol, i comportamenti aggressivi, l'euforia e la bulimia». Le persone più colpite, spiega l'esperto, sono le donne con più di 35-40 anni.

Questo summer blues è scatenato, come gli altri sbalzi d'umore stagionali, dalle variazioni di luce, temperatura e umidità. I particolare, nei depressi estivi, è la luce a creare problemi. È stato dimostrato infatti che la lunghezza del ciclo del fotoperiodo (cioè la durata dell'illuminazione diurna) e la variazione dell'intensità sono legate alla summer Sad.

«Sono gli occhi a condizionare i centri cerebrali che, in base alle sollecitazioni che avvertono, regolano la produzione dell'ormone della melatonina che è secreto dalla ghiandola pineale». In chi soffre di summer Sad, probabilmente, questo processo regolato dalla retina non funziona in modo corretto, provocando una risposta abnorme alla luce. E di conseguenza sintomi di malessere.

«Questa forma depressiva e l'eventuale compresenza degli attacchi di panico (tipici quelli che insorgono il giorno stesso della partenza per le ferie estive e in modo particolare non appena si raggiunge l'autostrada) devono essere trattati da uno specialista che deve fornire le adeguate indicazioni ed eventualmente correggere, per i pazienti già in cura, i trattamenti cui si fa ricorso abitualmente perché in questo periodo potrebbero risultare molto meno efficaci», conclude Mencacci.

Articolo tratto dalla rivista "OK la salute prima di tutto"